Erano passate da poco le 8.30 quella mattina del 21 settembre 1990. Rosario Livatino bordo della sua Ford Fiesta di colore rosso, da Canicattì dove abitava, si stava recando al tribunale di Agrigento, quando fu avvicinato, braccato e ucciso senza pietà da un commando mafioso. I sicari spararono numerosi colpi di pistola. Rosario Livatino tentò una disperata fuga, ma fu bloccato. Sceso dal mezzo, cercò scampo nella scarpata sottostante, ma fu raggiunto e ucciso. Sul posto arrivarono i colleghi del giudice assassinato: da Palermo l’allora procuratore aggiunto Giovanni Falcone e da Marsala Paolo Borsellino.In base alla sentenza Livatino fu ucciso perché “perseguiva le cosche mafiose impedendone l’attività criminale”. Nella sua attività Livatino si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la ‘Tangentopoli siciliana’ e aveva colpito duramente la mafia di Porto Empedocle e di Palma di Montechiaro, anche attraverso la confisca dei beni.Il giudice Rosario Livatino è un esempio di coraggio e di tenacia. Per questo è importante avviare una riflessione su queste tematica, senza mai abbassare la guardia, è un dovere morale della buona politica e della cittadinanza attiva.
Intervista pubblicata sul blog 1500 metri
di Claudia Esposito Conosco Aldo da molto tempo. La sua anima vivace, eclettica, instancabile. Lo intervisto su Zoom, lui e’ dalle 7 del mattino che