Intervista pubblicata sul blog 1500 metri

di Claudia Esposito

Conosco Aldo da molto tempo.

La sua anima vivace, eclettica, instancabile.

Lo intervisto su Zoom, lui e’ dalle 7 del mattino che e’ sveglio e posta sui social. Io sto prendendo il solito schifoso caffe’ inglese quando mi chiama per anticipare il nostro incontro. Butto giu’ il caffe’ e faccio partire il collegamento. Lui e’ impeccabile, e il caffe’ non lo beve.

Come e’ iniziato il tuo impegno politico?

Il mio impegno politico inizia a scuola, nella sezione giovanile del partito socialista.  Organizzavo comitati, manifestazioni, un periodo di impegno fervido che continua ancora oggi, in modo diverso.

E continua col partito radicale. Come mai sei passato ai radicali?

Con Tangentopoli c’era stata la dissoluzione del partito socialista. Ho incontrato i radicali fondamentalmente per questo motivo e mi sono impegnato nella promozione di referendum di carattere regionale, diventando un po’ un punto di riferimento per i radicali in Sicilia. Abbiamo ottenuto in quel periodo grandi successi con i referendum.

Poi pero’ hai lasciato i radicali.

Ho dovuto. Litigati ferocemente con Capezzone, era impossibile discutere con lui. Ma ho sempre continuato a fare politica per la mia citta’. Dopo i radicali ‘ iniziato un periodo di bellissime battaglie civiche per una Palermo piu’ verde e piu’ pulita.  Questo impegno ha portato alla riapertura del Parco Ninni Cassara’ e del Parco Fronteammare, chiusi da molto tempo.

Come e’ avvenuto il tuo incontro con i 5 stelle?

E’ stato un po’ un caso. Durante l’inaugurazione di un Parco che avevamo fatto riaprire erano venuti a sentirmi parlare alcuni rappresentanti del movimento 5 stelle. Da allora hanno iniziato a interessarsi al mio percorso finche’ il loro candidato sindaco alle elezioni amministrative del 2017 mi nomina (a mia insaputa!) come suo assessore al verde in caso di elezione. Non venne eletto, ma quello e’ stato il primo sostanzioso contatto col movimento.

Dunque il tuo impegno sul fronte dell’antimafia si innesta in questo contesto di pu’ generale impegno politico.

Non esattamente. Si sono incrociati l’impegno politico e la attività’ di ristoratori che io e mia moglie portiamo avanti a Palermo da molti anni. Abbiamo avvertito immediatamente la necessita’ di agire con coerenza e per questo motivo siamo impegnati con Addio Pizzo a promuovere il consumo critico sin dalla nascita dell’organizzazione.

Puoi spiegare cosa vuol dire  “consumo critico”?

Il motto rivolto ai consumatori e’ “paga chi non paga”, ovvero incoraggiare le persone a spendere i propri soldi presso gli esercenti che non si sottomettono al racket del pizzo.

Un’altra associazione  che combatte su questo fronte e in cui siamo impegnati come esercenti e’ Libero Futuro, che invece si occupa  piu’ precisamente  di riunire ed aiutare i commercianti a denunciare e resistere. Mia moglie e’ impegnata come membrodnel Direttivo di Libero Futuro dal 2014.

Tu hai vissuto a Palermo negli anni ’80 e ’90, anni importanti per la lotta alla mafia, e tragici.

Com’era la citta’ di Palermo di quegli anni? Cosa si percepiva per le strade della citta’ di cio’ che stava accadendo?

Ricordo molto bene quel periodo a Palermo. E’ sta un momento importante di cambiamento e reazione al potere mafioso.

Fino a quel momento esisteva a Palermo, specialmente  fra le fasce piu’ povere della popolazione ma non solo fra di essi, un sentimento di orgoglio rispetto alla mafia. Il popolo sicialiano bistrattato, abbandonato dallo Stato e dalle Istituzioni aveva qualcosa, aveva la mafia. E la mafia era forte e faceva paura. Qualcosa di potente, di vincente in cui identificarsi. 

Come ho detto, non era solo un fenomeno legato ai quartieri popolari: anche i borghesi, la classe media dei professionisti, facevano letteralmente a gara per occuparsi degli affari della mafia. Tanto per chiarire la portata di questa affermazione basti ricordare la condanna del Principe Vanni Calvello per mafia (dopo essere stato latitante a seguito di un mandato di cattura per associazione mafiosa e traffico di droga emesso da Giovanni Falcone Nda). Era stato anche indicato come amico del boss Francesco di Carlo.

La citta’ sembrava occupata militarmente. Militari e sacchi di sabbia davanti alla casa di Falcone, camionette di militari, la città’ costantemente attraversata dalle sirene delle macchine dei giudici che sfrecciavano a tutta velocita’. A noi sembrava quasi uno stato di guerra.

Poi ci sono state le stragi, l’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Fu un colpo durissimo per lo stato. Ma quella violenza e’ stata terrible anche per i cittadini. Dieci anni prima la guerra di mafia aveva lasciato per terra 500 morti, un’enormita’ per una citta’ come Palermo. All’epoca la mafia uccideva i figli degli imprenditori o questi stessi, come nel caso di Libero Grassi, quando osavano non pagare il racket.

I palermitani erano allo stremo e quella violenza assurda ha scatenato la reazione: il movimento dei lenzuoli bianchi, esposti dai cittadini sui loro balconi in segno di solidarietà’ con lo Stato e i giudici dell’antimafia.

Michele Santoro dice che in quel periodo c’erano questi due luoghi in Italia, Milano con Tangentopoli e Palermo con la reazione alle stragi, che rappresentavano un po’ i vettori di un cambiamento della societa’ italiana.

E’ verio, ma sono due fenomeni molto diversi che non sono mai veramente incrociati A Milano la ribellione era contro un vecchio sistema politico nazionale che crollava sotto il peso delle inchieste di corruzione, a Palermo la società’ si ribellava contro la violenza mafiosa schierandosi dalla parte dello Stato. Due fenomeni molto diversi.

L’arresto di Messina Denaro e’ la notizia di questi giorni. Le opinioni si dividono fra chi pensa che sia stato praticamente reso allo Stato perche’ anziano e difficile da gestire, altri che questa e’ una vittoria importante dello Stato. Qual’e’ il tuo approccio a questa questione?

Il fatto che Messina Denaro sia stato, come io credo, abbandonato perche’ era malato non vuol dire  che arrestarlo sia stato facile e non abbia comportato un lavoro incredibile da parte dell’autorita’. 

Non considero questo un passo importante nella lotta agli interessi mafiosi. Si tratta di interessi economici ramificati  e stabili. Quando un capo viene arrestato possiamo essere sicuri che e’ gia’ stato sostituito.  Come Buscetta ci ha insegnato, esistono i soldati della mafia, gli uomini pronti a uccidere. Ma accanto ad essi la mafia e’ composta di interi pezzi dell’economia, che non si disperdono o spariscono quando il capo viene arrestato. Ricordiamoci che fu Provenzano a coadiuvare la cattura di Riina.

Il Re e’ morto, Evviva il Re.

Mi viene in mente una intervista a un giudice di Napoli che parlava di come, dopo aver condannato centinaia di camorristi, era disperante rendersi conto che per  cento arrestati, ce n’erano fuori amori cento pronti a prendere ili posto di chi era in prigione. E altri cento pronti a sostituire anche questi quando fosse servito.

Durante un’intercettazione che e’ stata pubblicata sui giornali e’ emerso che i mafiosi, da quando e’ stato introdotto il reddito di cittadinanza, hanno piu’ difficolta’ a trovare persone disponibili  per lo spaccio al dettaglio.

Le persone, se messe in condizioni di scegliere, scelgono una vita diversa. E questo grazie al tanto vituperato reddito di cittadinanza, che peraltro esiste in tuta Europa ed e’ un’istituto considerato fuori dal dibattito politico fra destra e sinistra. 

Ma e’ necessario molto di piu’. Dobbiamo bonificare l’humus culturale che offre manodopera alla mafia. Gratteri ha detto giustamente che bisognerebbe fare vedere a questi giovani la realtà’ della vita all’interno della criminalità’ organizzata: molti di questi uomini non invecchiano, se finiscono in carcere non vedono crescere i figli, se finiscono al 41 bis sono praticamente sepolti vivi che non possono avere nessun contatto con l’esterno. I giovani hanno bisogno di conoscere queste verita’, piuttosto che l’immagine della mafia potente e invincibile. Credo che l’arresto di Messina Denaro sia utile a mostrare questo: nessuno, nemmeno il capo dei capi, e’ invincibile. Prima o poi finiscono tutti molto male.

L’educazione dei giovani delle periferie, investire nella scuola e’ fondamentale per causare una crisi della vocazione criminale nei piu’ giovani.

Tu sei notoriamente un eclettico: attivamente impegnato in politica, scrittore di romanzi come il Silenzio Imperfetto, esercente a Palermo e impegnato nell’attivita’ di lotta alla mafia nella comunità’, sul territorio. E la poesia.

Questa e’ una passione che ho preso da mia moglie, che ama molto la poesia. Per me e’ un distillato delle nostre emozioni, e di come noi interpretiamo e viviamo le nostre emozioni piu’ profonde

A proposito di scrittura, hai in programma la pubblicazione di un altro romanzo?

Il romanzo c’e’ ma non e’ ancora pubblicato. Questa volta Flores parlera’ in prima persona, credo che questo modalita’ del racconto sia molto coinvolgente per il lettore. 

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