Angelo Piero Cappello intervista Aldo Penna

Aldo viene da una importante storia di impegno sociale e politico: a metà tra socialismo e liberalismo, compreso tra aspirazioni di attenzione al sociale e aspirazioni liberali e libertarie, vive e lavora a Palermo dove attende anche alla sua attività di scrittore. E di Palermo, e della Sicilia tutta, sembra fatta la sua scrittura, non tanto sul piano del lessico quanto sul piano – come dire – “extralinguistico”: i paesaggi e i personaggi, le atmosfere, quel che di imprendibile e impalpabile si trasmette attraverso la narrazione, ecco, tutto questo nella scrittura di Penna è “siciliano”. Vi è una Sicilia, ma forse è meglio dire, per usare un termine caro a Sciascia, una “sicilianità” diffusa e permeante in quello che scrive. E in come lo scrive.

 

Single, un po’ arruffato nella vita e con le donne, indagini, desiderio quasi donchisciottesco di lotta al potere: Gaetano Flores sembra avere molti tratti in comune con personaggi di altri autori come Camilleri (il commissario Montalbano) o Gianrico Carofiglio (l’avvocato Guerrieri). Quanto questi personaggi assomigliano al tuo?Le somiglianze con Montalbano e Guerrieri sono nella condivisione dello stato civile. Ambedue i personaggi sono single come Flores e hanno difficili rapporti con le donne, ma credo che questo sia comune a tutti gli uomini oltre i  quaranta che non sono mai stati sposati. Flores differisce da Montalbano, sia per il suo lavoro: le indagini le porta avanti Di Jemma, lui le favorisce, lo aiuta, sia per l’ambito degli interessi che incrocia. La vita di provincia di Vigata mette in luce esistenze e miserie di personaggi secondari della vita politica siciliana. In molti romanzi Montalbano non incrocia la politica, e a volte neanche la mafia. Nella vicenda che si dipana attorno a Flores mafia, politica, media, società, la manipolazione dell’opinione pubblica, sono investigati accidentalmente dal giornalista fino a farne emergere  compromissioni e collusioni. Con Guerrieri le similitudini sono ancora minori. Guerrieri, anche per l’ambito barese dove la criminalità pur ben presente non ha l’invadenza e la penetrazione della mafia, incrocia la malavita e i suoi traffici ma non ne analizza i meccanismi di formazione e diffusione.

Hai inventato una formula che mette insieme il referendum popolare, i social network, i blog e la scrittura creativa: i personaggi del tuo romanzo hanno un proprio profilo su Facebook: tramite quello, Gaetano Flores interloquisce direttamente con i suoi lettori. A loro si concede con generosità, rifiuta (o magari accetta, chissà) appuntamenti, scambia opinioni, chiede consigli e dispensa pareri. E il suo autore è sempre più estraneo all’identità di Gaetano Flores, che va crescendo sia come profilo psicologico sia come numero di fan che lo apprezzano. Il personaggio letterario che pretende una sua vita autonoma da quella del suo autore: un tema caro a Pirandello che tu hai potuto portare alle estreme conseguenze grazie all’informatica. Che vita è quella di Gaetano Flores su Facebook? Non credi che possa sfuggirti di mano e diventare altro da quello che tu vorresti che fosse il tuo personaggio?


Quando chi legge inizia a sentire le azioni e le preoccupazioni del protagonista, il personaggio letterario smette di essere dell’autore e diventa anche dei lettori. Non è un caso che le dinamiche sentimentali e professionali di Flores arrivino a essere vissute e percepite in maniera autonoma, e a volte diversa, dalle intenzioni originarie dell’autore. Far approdare su Facebook Flores ha segnato un passaggio, uno sconfinamento. Uscito dalle pagine e approdato sul blog, Gaetano è diventato un personaggio con una sua vita autonoma, con amici e amiche che gli scrivono chiedendogli un incontro. Ma il respiro vitale rimane quello insufflato dall’autore, che per lui risponde e agisce.

Fabrizio giustino, Aldo Penna, Tano Grasso. Napoli libreria Feltrinelli
Il tuo romanzo Il silenzio imperfetto è scritto in una lingua ‘piana’ e regolare, niente dialettalismi e mescolanze e sperimentazioni lessicali: quasi non sembra di essere in Sicilia. E’ una scelta di opposizione a modelli fin troppo diffusi – e anche contestati – o altro? Dopo Camilleri, il siciliano, il dialetto, è un’operazione di difficile innesto nella narrazione. La scimmiottatura è in agguato e il pericolo può essere sventato soltanto distaccandosene radicalmente.
Un romanzo articolato che mette in scena la macchina impietosa della mafia e delle sue collusioni: un romanzo impegnato?
Volontariamente impegnato. La denuncia, la lotta, possono esercitarsi attraverso molte strade. Il racconto è una di queste. E l’esempio che viene dalla letteratura conforta e spinge a proseguire. Lo scrittore può solo intrattenere con un racconto o aggiungere all’intrattenimento la denuncia, la decodificazione delle imposture che ingabbiano e falsificano la percezione. Svelare gli inganni dissimulati sotto i totem. Io ho scelto questa seconda strada, spero di esserci riuscito.
La scelta seriale che – ci risulta – ti accingi a fare con il prossimo romanzo in cui è protagonista ancora Gaetano Flores quanto è frutto del personaggio che ti è sfuggito dalle mani su internet e quanto, invece, è stato programmato e preordinato?
Gaetano Flores ha preso vita come personaggio almeno sei anni fa. E’ stato protagonista di altre storie, una mai pubblicata, un’altra pubblicata in ambito soltanto locale. E il personaggio ha preso gusto al suo protagonismo. Scalpita, si agita, suggerisce sempre spunti nuovi. Si presenta da me con un filone di ricerca, un’indagine che i fatti di cronaca gli hanno suggerito e mi chiede di prestargli le mani sulla tastiera, di mettere in parole le sue farneticazioni.
Sono affezionato a lui e in genere lo assecondo. Oltre alla prossima storia, c’è un abbozzo di una terza e di una quarta. Lo tengo a freno e lo rabbonisco, altrimenti mi trascinerebbe in mille avventure quotidiane.

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